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Caro Veneto,

quando sei ferito ho bisogno di scriverti e di esprimerti la mia gratitudine, di dimostrarti il mio amore.

Sono passati pochi mesi da quando cercavo di sostenerti con il tuo cuore pulsante ferito: Venezia, le spiagge, le isole e i paesini colpiti da quelle tremende mareggiate che ti hanno inginocchiato. Pensavo bastasse quella sofferenza e invece no sei di nuovo messo davanti ad una prova dura e difficile. Nella tua storia, caro Veneto, ne hai vissute di battaglie, di difficoltà e di momenti difficili e ne sei sempre uscito con dignità, con umiltà e fiero. Ora sei di nuovo in difficoltà ma soprattutto sei nella bocca di tutto il mondo per un’emergenza sanitaria inaspettata…tu che accogli tutti con le tue molteplici meraviglie di cui sei disseminato ora i tuoi amati veneti sono quasi evitati come fossero untori… non ti preoccupare noi veneti non ci abbattiamo e non ti abbandoniamo e anche questa volta con la dignità, la tenacia, la caparbia, l’umiltà e la solidarietà che ci appartiene torneremo a fiorire come un tempo.

In fondo pensare di vivere in Veneto mi ha sempre dato un enorme senso di protezione e mi ha sempre fatto sentire al sicuro anche ora che sei fragile e un po’ ammalato.

Ho sempre pensato al Veneto come a un Paese forte, maschio, pieno di storia e bellezza che sa proteggere i suoi figli, che si prende cura di loro con amore e passione e lo penso ancora.

Qualche mese fa ti ho visto ferito nel tuo cuore perché Venezia è il cuore pulsante di questa Regione; è storia, bellezza, arte, sogno, poesia …. è la meravigliosa eredità che ci ha lasciato 15 secoli di Repubblica Serenissima che ogni veneto porta nel DNA dal mare ai monti… appartiene a tutti noi.

Ti ho visto fragile e vulnerabile   piegato alla potenza della natura che non perdona e alla superficialità dell’uomo che capisce il valore delle cose solo quando le sta perdendo.

Ora ti vedo fragile colpito da un virus quasi sconosciuto che viene da lontano da quella Cina che con il Veneto ha legami secolari di scambi e commerci. Virus che colpisce persone, paesi in quarantena ma che la sanità più eccellente al mondo trova il modo di dare risposte e cure. Virus che ha fermato tutto; ha resettato la frenesia, ha inginocchiato in un secondo l’economia, ha rallentato il Veneto e il mondo intero.

In questi anni sei stato messo duramente alla prova in quelle eccellenze che ti rendono unico e con le quali hai affascinato e continui ad affascinare tutto il mondo: Venezia, le isole, le spiagge, le città, i paesi, i borghi, il Piave, i fiumi, i laghi, le Dolomiti…e ora sono colpiti anche i tuoi abitanti, la tua economia.

Però sono certa che ci rialzeremo presto e anche se non sarà facile, questa volta, torneremo ad essere il VENETO BELLISSIMO.

Perché tu sei tanto.

Sei di più.

Vivo in provincia di Treviso, in quel Veneto che da sempre è stato motore e traino della storia, della cultura e dell’arte ma soprattutto dell’economica del nostro paese.

Vivo nel Veneto dello splendore della Serenissima, di personaggi la cui genialità è conosciuta in tutto il mondo da Palladio a Canova, da Tiepolo a Tintoretto, da Tiziano a Canaletto, da Cima da Conegliano a Palma il Giovane.

Di Venezia del cui splendore e valore non si trovano parole nel vocabolario per definirla una città che ha forgiato il Veneto dal mare ai monti con lo splendore delle Ville, dei boschi del Cadore, dei palazzi, di una sacco di altre cose per cui mi ci vorrebbero pagine e pagine per definirla. Città generosa che regala a chi la sfiora, anche solo una volta nella vita, con lo sguardo emozioni che rimangono tatuaggi indelebili nel cuore e nell’anima. Il leone fiero e ruggente che ti simboleggia è ferito, umiliato nella sua potente fragilità;

di Verona e della sua splendida Arena; di Vicenza e il Palladio; di Rovigo e del suo legame con il Po; di Padova città del Santo; di Belluno e delle splendide Dolomiti; di Treviso piccola preziosa bomboniera tessuta dall’acqua.

Vivo nel Veneto di quei litorali ospitali e allegri.

Vivo nel Veneto delle Dolomiti che in ogni momento della giornata sono così belle da togliere il respiro…

Vivo nel Veneto delle piccole e grandi città d’arte, dei borghi, dei paesi con i campanili, delle colline, dei laghi, dei fiumi e delle splendide campagne.

Vivo nel Veneto del fiume Piave, dove i nostri avi hanno conosciuto la miseria, la distruzione della guerra e la dolorosa invasione del nemico.

Vivo nel Veneto primo in Italia per la raccolta differenziata, per le energie rinnovabili, per l’innovazione.

Vivo nel Veneto del volontariato, delle Pro Loco, delle sagre e del piacere dello stare insieme.

Vivo nel Veneto delle grandi aziende vitivinicole e gastronomiche, dei prodotti agricoli, dell’asparago, del radicchio, delle ciliegie, del formaggio e molto molto ancora.

Vivo nel Veneto degli orti, delle galline sul cortile, del maiale e della mucca in stalla.

Vivo nel Veneto delle case ordinate, dei giardini curati, dei fiori sui davanzali.

Vivo nel Veneto dei mille dialetti, delle tradizioni secolari.

Vino nel Veneto delle osterie a gestione familiare.

Vivo nel Veneto dei grandi ospedali e delle eccellenze mediche.

Vivo nel Veneto dei grandi campioni dello sport.

Vivo nel Veneto delle grandi fabbriche manifatturiere, delle grandi eccellenze dell’artigianato e delle grandi industrie.

Vivo nel Veneto delle piccole imprese, delle aziende a conduzione familiare, del padre che lavora con il figlio e con i nipoti.

Vivo in un Veneto di gente che meno di 70 anni fa era nella miseria, che con dignità coraggio e rispetto si è rimboccata le maniche e si è data da fare.

Vivo nel Veneto della gente che si alzava all’alba e andava a letto a notte inoltrata con l’orgoglio di lavorare per un progetto, per un investimento sul quale aveva creduto ma soprattutto per quel futuro certo da lasciare ai figli.

Vivo nel Veneto del miracolo economico prima e della crisi poi.

Vivo nel Veneto di brava gente, gente onesta, gente con i calli nelle mani e le rughe in viso.

PER QUESTI MOTIVI SONO SICURA CHE IL VENETO E I VENETI TORNERANNO IN PIEDI CON LA DIGNITA’ DI SEMPRE.

Un Veneto di gente che si asciuga le lacrime dello smarrimento e trova subito una soluzione; un Veneto di gente coraggiosa che non si lamenta; un Veneto di gente che si alza le maniche e si dà da fare; un Veneto di persone con grande cuore che aiutano il prossimo; un Veneto che con coraggio difende quello che ci appartiene, un Veneto che ha carattere, dignità, tradizione, cultura, storia, passione, amore.

 

Ora la scommessa è di noi Veneti;  è il momento di esprimere l’amore per la nostra terra, di  confermare la nostra appartenenza, di aiutare quel Veneto ferito nel cuore, a rialzarsi e a riavere un futuro sereno a dare messaggio positivo al mondo… Vorrà dire che andremo in vacanza nelle nostre spiagge, nei nostri monti e nei nostri laghi; faremo la spesa nei negozietti di quartiere o nelle fattorie a km 0;  andremo a mangiare nelle osterie e nelle locande locali… ritorneremo a dare valore alle nostre origini e tradizioni.

Con amore immenso per questo Veneto e per tutto ciò che ci hai generosamente dato e che ha forgiato dal mare ai monti il nostro carattere…. Con la certezza che il leone ferito torni a ruggire della sua meravigliosa bellezza e splendore.

Alberta Bellussi

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Caro Gesù Bambino,

devo riferirti che quest’anno avverto uno strano disagio. Si stanno avvicinando le feste di Natale e io mi sento un po’ smarrita. Mah pensandoci non so se è uno smarrimento o una strana sensazione come accade quando perdi qualcosa di caro; come se quella certezza che ti appartiene da quando eri piccolo non sia più tale: il presepe!

Il  presepe è quel delicato elemento che è parte della nostra tradizione, quell’icona di una religiosità sana e buona che rende umano e tangibile anche ai bambini quel Gesù venuto a salvarci e a darci speranza.

La scelta del muschio, in quella parte di giardino lasciata intoccata, per avere le zolle vellutate per fare onore alla nascita del bambinello. Il ghiaino ben tirato per i sentieri, i fiumi e le montagne sulle quali si posano candidi dei fiocchi di cotone. La stella cometa sopra la grotta, i pastori con le pecore, il suonatore di cornamusa, gli angioletti che cantano il “Gloria in Excelsis Deo”…e poi la contadina che ogni anno porta i suoi prodotti per rendere omaggio al nuovo nato. Dal lontano Oriente arrivano Gaspare, Melchiorre e Baldassarre con i loro scrigni pieni di doni preziosi e ogni giorno avanzano il loro cammino. E sotto la greppia la dolce Maria che rappresenta per i cristiani la tenerezza della maternità e il vecchio e saggio Giuseppe che vigila il bambinello sotto le calde narici del bue e dell’asinello. Bello il mio presepio a osservarlo mi rimanda solo messaggi positivi e di pace; invece ora non sembra più essere così.

Il delicato presepe, dimenticato per secoli,  è ora diventato tema di dibattiti politici e religiosi  a volte anche di cattivo gusto.

Sono smarrita, chi dovrebbe sottolineare l’importanza di questo simbolo mi dice di accantonarlo per rispetto a chi non ha Gesù come messia.

Ma nel mio smarrimento mi chiedo perché fare il presepe possa mancare di rispetto a qualcuno?

Tutto ciò suona un po’ strano alla mia mente che del rispetto ne ho fatto uno dei valori fondanti della vita e cerco di capire.

Ma è il presepe che conosco io da quando sono nata e che nei giorni di Natale vado a visitare nelle  chiese per vederne le varie interpretazioni?

Si è di lui che stiamo parlando.

Mi sembra strano. Non capisco cosa possa fare di male il mio piccolo presepe.

Mi appartiene per tradizione, appartiene alla nostra cultura e alla nostra vita di sempre ma non manca di rispetto a nessuno con il messaggio che professa.

La società è cambiata, in questi ultimi anni, in maniera radicale. Dividiamo la nostra quotidianità con amici provenienti da tantissime parti del mondo che portano con sé i loro credo oe le loro tradizioni, perché rinunciare alla nostra che è patrimonio inestimabile per omologarci tutti?

Perché non fare di queste tradizioni che ognuno porta motivo di crescita per tutti e motivo di conoscenza recipoca?

Perché vedere nella negazione di una nostra tradizione religiosa secolare il rispetto per gli altri? E per noi e il nostro vissuto no?

Ma devo sentirmi in colpa di mancare di rispetto a qualcuno se anche quest’anno, come ogni anno, faccio il presepe?

Queste e molte altre le domande che mi vengono alla testa e molte le sensazioni.

In fondo si festeggia la nascita di quel Gesù che è nominato più volte anche nel Corano come profeta che ha preparato la venuta di Maometto e che è anche figlio di Maria.

Caro Gesù bambino volevo dirti che non ho ancora capito perché sei diventato parte di discorsi demagogici un pò al limite dell’umana comprensione e non ho capito perché rappresentarti il giorno della tua nascita, come avviene ormai da 2019 anni, non sia più un messaggio di pace; ma  devo ammettere che, ultimamente,  fatico anche a capire il genere umano e le strane priorità che riesce a darsi nella vita.

A me hai insegnato i valori dell’amore, del rispetto, della pace e della tolleranza verso gli altri, qualsiasi Dio preghino e qualsiasi tradizione abbiano, ma soprattutto verso chi rispetta me e i valori sui quali ho fondato i miei anni di vita. Io ho deciso il mio piccolo presepe lo farò anche quest’anno!

Alberta Bellussi

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Cara Veneto,

in questi giorni vedere Venezia, le spiagge, le isole, i paesi feriti  fa soffrire anche me.

Pensare di vivere in Veneto mi ha sempre dato un enorme senso di protezione.

Mi ha sempre fatto sentire al sicuro.

Ho sempre pensato al Veneto come a un Paese forte, maschio, pieno di storia e bellezza che sa proteggere i suoi figli, che si prende cura di loro con amore e passione.

Ora ti vedo ferito nel tuo cuore perché Venezia è il cuore pulsante di questa Regione; è storia, bellezza, arte, sogno, poesia….è la meravigliosa eredità che ci ha lasciato 15 secoli di Repubblica Serenissima che ogni veneto porta nel DNA dal mare ai monti… appartiene a tutti noi. Se per questa tragedia soffre l’Italia provate a pensare il dolore che sta provando un veneto a vedere la sua città magica e fragile così profondamente ferita non si può nemmeno definire.

Ti vedo fragile e vulnerabile   piegato alla potenza della natura che non perdona e alla superficialità dell’uomo che capisce il valore delle cose solo quando le sta perdendo.

In questi anni sei stato messo duramente alla prova in quelle eccellenze che ti rendono unico e con le quali hai affascinato e continui ad affascinare tutto il mondo: Venezia, le isole, le spiagge , le città, i paesi, i borghi, il Piave, i fiumi, i laghi,  le Dolomiti…

Però sono certa che ti rialzerai presto e tornerai ad essere BELLISSIMO.

Perché tu sei tanto.

Sei di più.

Vivo in provincia di Treviso, in quel Veneto che da sempre è stato motore e traino della storia, della cultura e dell’arte ma soprattutto dell’economica del nostro paese.

Vivo nel Veneto dello splendore della Serenissima, di personaggi la cui genialità è conosciuta in tutto il mondo da Palladio a Canova, da Tiepolo a Tintoretto, da Tiziano a Canaletto, da Cima da Conegliano a Palma il Giovane.

Di Venezia del cui splendore e valore non si trovano parole nel vocabolario per definirla una città che ha forgiato il Veneto dal mare ai monti con lo splendore delle Ville, dei boschi del Cadore, dei  palazzi, di una sacco di altre cose per cui mi ci vorrebbero pagine e pagine per definirla. Città generosa che regala a chi la sfiora, anche solo una volta nella vita,  con lo sguardo emozioni che rimangono tatuaggi indelebili nel cuore e nell’anima. Il leone fiero e ruggente che ti simboleggia è ferito, umiliato nella sua potente fragilità;

di Verona e della sua splendida Arena; di Vicenza e il Palladio;  di Rovigo e del suo legame con il Po; di Padova città del Santo;   di Belluno e delle splendide Dolomiti; di Treviso piccola preziosa bomboniera tessuta dall’acqua .

Vivo nel Veneto di quei litorali ospitali e allegri.

Vivo nel Veneto delle Dolomiti che in ogni momento della giornata sono così belle da togliere il respiro…

Vivo nel Veneto delle piccole e grandi città d’arte, dei borghi, dei paesi con i campanili, delle colline, dei laghi, dei fiumi e delle splendide campagne.

Vivo nel Veneto del fiume Piave, dove i nostri avi hanno conosciuto la miseria, la distruzione della guerra e la dolorosa invasione del nemico.

Vivo nel Veneto primo in Italia per la raccolta differenziata, per le energie rinnovabili, per l’innovazione.

Vivo nel Veneto del volontariato, delle Pro Loco, delle sagre e del piacere dello stare insieme.

Vivo nel Veneto delle grandi aziende vitivinicole e gastronomiche, dei prodotti agricoli, dell’asparago, del radicchio, delle ciliegie, del formaggio e molto molto ancora.

Vivo nel Veneto degli orti, delle galline sul cortile, del maiale e della mucca in stalla.

Vivo nel Veneto delle case ordinate, dei giardini curati, dei fiori sui davanzali.

Vivo nel Veneto dei mille dialetti, delle tradizioni secolari.

Vino nel Veneto delle osterie a gestione familiare.

Vivo nel Veneto dei grandi ospedali e delle eccellenze mediche.

Vivo nel Veneto dei grandi campioni dello sport.

Vivo nel Veneto delle grandi fabbriche manifatturiere, delle grandi eccellenze dell’artigianato e delle grandi industrie.

Vivo nel Veneto delle piccole imprese, delle aziende a conduzione familiare, del padre che lavora con il figlio e con i nipoti.

Vivo in un Veneto di gente che meno di 70 anni fa era nella miseria, che con dignità coraggio e rispetto si è rimboccata le maniche e si è data da fare.

Vivo nel Veneto della gente che si alzava all’alba e andava a letto a notte inoltrata con l’orgoglio di lavorare per un progetto, per un investimento sul quale aveva creduto ma soprattutto per quel futuro certo da lasciare ai figli.

Vivo nel Veneto del miracolo economico.

Vivo nel Veneto di brava gente, gente onesta, gente con i calli nelle mani e le rughe in viso.

PER QUESTI MOTIVI SONO SICURA CHE IL VENETO TORNERA’ PRESTO AD ESSERE MERAVIGLIOSO E SUPERERA’  TUTTO CON LA GRANDE DIGNITA’ CHE APPARTIENE ALLA MAGGIORANZA DELLA SUA GENTE.

Un Veneto di gente che si asciuga le lacrime dello smarrimento e trova subito una soluzione;

un Veneto di gente coraggiosa che non si lamenta; un Veneto di gente che si alza le maniche e si dà da fare;

un Veneto di persone con grande cuore che aiutano il prossimo; un Veneto che con coraggio difende quello che ci appartiene, un Veneto che ha carattere, dignità, tradizione, cultura, storia, passione, amore.

È, ora, il momento per esprimere l’amore per la nostra terra, per confermare la nostra appartenenza, per aiutare quel Veneto ferito nel cuore, nella sua città unica al mondo,  a rialzarsi e a riavere un futuro sereno.

Con amore immenso per Venezia e per il Veneto per tutto ciò che ci hai generosamente regalo che  ha forgiato dal mare ai monti il nostro carattere…. Con la certezza che il leone ferito torni a ruggire della sua meravigliosa bellezza e splendore.

Alberta Bellussi

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In queste mattine di fine ottobre la bassa pianura veneta, per qualche ora, è velatamente accarezzata dalla nebbia, parola che da sempre connota l’area geografica dove sono nata; per non parlare poi della più famosa espressione nebbia nella pianura padana che ci accomuna in molti.

La nebbia mi affascina, da sempre, per la sua delicatezza che rende misterioso e malinconico il paesaggio; rallenta i ritmi della vita … regala qualche ora di antica ruralità alla campagna.

Ricordo la sensazione di quelle goccioline che si materializzavano allo scontro con il mio viso quando uscivo presto, presto al mattino per prendere il pullman per Treviso e in bicicletta dovevo raggiungere la Piazza del paese. Mia nonna mi diceva: “verzi l’ombrea, tira su il capuccio”… e io facevo finta di non sentire e pedalavo veloce perché non vedevo l’ora di sparire dentro l’abbraccio misterioso di quelle nuvole. Per non parlare della poesia di Venezia avvolta nella più fitta bruma negli anni dell’Università.

Lo so, oggi in un mondo veloce dove ogni variante che rallenta la corsa frenetica di questa società distratta è vista come un enorme disagio o una tragedia, trovare nella nebbia l’aspetto poetico può far rischiare che mi venga richiesto un TSO, ma non importa corro questo rischio e vi regalo le mie riflessioni.

Con la nebbia si apre magicamente una finestra su una ruralità che rimanda a un passato non lontano ma autentico.  La foschia avvolge in un ‘aura di mistero quel paesaggio di campagna a me visceralmente caro e noto nelle sue pieghe più intime e me lo fa sembrare quasi un set d’altri tempi come le atmosfere rarefatte dei film di Olmi o Antonioni.

Perdo il mio sguardo ancora assonnato sul corso sinuoso del fiume Lia, famoso per i suoi rossi e saporiti gamberi, che sembra delicatamente evaporare in una leggera nebbiolina, celando dietro quel fumo mattutino e i canneti fitti, gli aironi, le gazzette e le anatre che finalmente godono per un po’ della loro privacy dagli occhi dell’uomo.

E pian piano mi riaffiorano alla mente poeti e artisti veneti che dalla nebbia sono stati ispirati… “Il sole si è un po’ attenuato per un velo di altissima nebbia”…Il Barnabo delle Montagne di Dino Buzzati la incontra a velare le cime delle Dolomiti. “Le impressioni più forti che ho avute da bambino appartengono alla terra dove sono nato, la valle di Belluno, le selvatiche montagne che la circondano e le vicinissime Dolomiti”.

Dino Coltro, poeta veronese ricordava gli auspici che l’apparire della nebbia portava alle famiglie: Tempo molo fa la nebia, tempo duro porta ben, a seconda della temperatura; Nebia bassa bon tempo assa e La nebia purga el tempo, quando promette il ritorno del bel tempo; Nebia ciara tira el caro via da l’ara, quando preoccupa i contadini nei campi; Tre caivi fa na piova perché anticipano la pioggia.

O le intense tele ad  olio  di scorci della campagna del secolo scorso con le vacche e le case rurali di Donadel o le incisioni dei campi con i morer e le cassie  di Barbisan e di Ceschin sono avvolte nella magia malinconica della foschia padana; quadri nei quali spesso ho cercato di entrare con lo sguardo e di immaginare quel mondo antico a me emotivamente caro.

Nell’attesa che la nebbia agli irti colli arrivi a festeggiare San Martino, i tini avranno già finito di ribollire ma li sostituiremo con delle scoppiettanti castagne sopra la stua de la nona, di cui da poco vi ho raccontato.

Alberta Bellussi

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Caro Babbo Natale,

            osservo in silenzio il mondo. E’ un momento difficile, complesso.

Pensavo, in questi giorni, tra me e me come mi accade spesso di fare.

 I pensieri si mettono in fila come alla cassa del supermercato aspettando il loro turno per dire la loro. Uno di questi, il più profondo, si è soffermato su questa società che, a volte, la sento lontana dal mio modo di essere per molti motivi.

Ho pensato di scrivere a te Babbo Natale perché, in questo mondo gravemente malato, il Natale è  e rimane una festa magica.

 Sì! la gioia che esprime va oltre i drammi della vita. Anche la povertà, la miseria più estrema, a Natale, sembrano vivere l’illusione di un attimo di dignità.

Sembra che il mondo improvvisamente si accorga che tutte le persone hanno il diritto di essere felici.

 Il Natale è la bacchetta magica che scuote le coscienze, riaccende i cuori, rimette in gioco la speranza, è il momento della bontà. E’ una sorta di bilancio personale dell’anno trascorso che diventa  l’occasione di dire grazie a chi vuoi bene o a chi sei grato   con un piccolo pensiero o un piccolo gesto.

In questo mese dove le piazze, le vie, le case, i balconi, i cespugli, gli alberi si vestono di luci con l’abito migliore di tutto l’anno, tutto ci dovrebbe portare a riflettere sui valori quelli che ci rendono persone felici.

Esistono ancora i valori?

Sono ancora la benzina che muove le azioni e le scelte della società o sono solo un parole usate per darsi un tono, per essere alla moda

Eppure se apro un giornale, ascolto il TG mi sembra   davvero che quei valori con i quali io sono cresciuta e sono stati le fondamenta portanti per la costruzione della mia persona sembrano essere dimenticati o addirittura persi.

Uccisioni, attentati, furti, profanazioni, stupri, soprusi, violenza, cattiveria….

Sono smarrita non erano questi i valori sui quali ho costruito la mia casa interiore erano ben diversi…amore, rispetto, amicizia, condivisione, dono….

Le persone hanno quasi paura di Amare, di volere bene, di abbracciare, di dimostrare gratitudine… spesso si preferisce non dire Ti Amo, Ti voglio bene…invece sarebbero da urlare squarciagola ogni giorno perché sono i valori che ci fanno stare bene che danno un senso alla nostra vita, che ci rendono felici.

Caro Babbo Natale questo non sarà un Natale facile, come accade da qualche anno,  e avrai davvero tanto tanto da fare.

 È  un momento di sofferenza generale, di valori spazzati via da questa corsa impazzita dell’essere umano non si sa verso dove ma corsa è: soldi, potere, oggetti, possesso, compromessi, ipocrisia, superficialità..

 E’ un Natale di gente che non sorride, di persone arrabbiate, di povertà diffusa, di truffe, di una politica un po’ confusa che ha perso il suo obiettivo primario.

Caro Babbo Natale, da sempre , quando ti vedo  solcare il cielo con la tua slitta trainata dalle tue splendide renne sulle strade di stelle,  ho sempre provato molta  simpatia per il romantico  Rudolph dal nasetto rosso e ho sempre pensato che la tua magia è capace di diffondere  valori positivi. Per un giorno all’anno tu unisci, in modo armonioso e poetico, i bambini e gli adulti di tutto il mondo.

Vorrei chiederti tante tante cose per questo mondo ma alla fine la cosa più bella sarebbe ritrovare l’armonia di vivere, l’equilibrio perduto, il rispetto di persone e ambiente, lasciare il tempo a chi è caduto di rialzarsi, il tempo di dare ma soprattutto il coraggio di Amare.

Ispirata dalla luce di Betlemme e dal suo messaggio vorrei che l’Italia, con un atto di grande maturità, fosse capace di fare autocritica per evitare di rifare certi errori, che si ritrovasse il buonsenso ormai estinto e che il rispetto per gli altri non fosse visto come una rarità ma fosse, come un tempo, la normalità.

Caro Babbo Natale  vorrei poter pensare che esiste un futuro sereno; vorrei che  si potesse tornare a parlare ai giovani con il linguaggio dell’onestà, della lealtà e che l’ipocrisia non ci fosse; vorrei che ci fosse lavoro per tutti; vorrei che gli anziani, i diversamente abili e gli ammalati  fossero considerate degli esseri umani fragili da aiutare e non pesi sociali; vorrei potermi muovere per le città, i paesi, le campagne senza aver paura; vorrei che le persone sapessero tendere silenziosamente la mano a chi è in difficoltà e si trova a vivere momenti difficili; vorrei che si insegnasse ai bambini e ai giovani a vivere l’amore vero, a inseguire i propri sogni e i propri ideali per essere persone felici.

Lo so, Babbo Natale ti chiedo davvero un sacco di cose a volte anche impossibili…so che disponi di sussidi molto potenti come la polverina magica, le renne volanti…la borsa di Mary Poppins…la bacchetta magica della fata turchina…

Io te lo dico … ti butto la un sacco di desideri, magari accade quella magia che ti ho chiesto e questo mondo che, si è un po’ smarrito, torna a trovare la via dell’Amore.

 Il Natale risveglia il desiderio di serenità. Ci fa apprezzare la bellezza di quel bambino nato al freddo in una mangiatoia e quella meravigliosa mamma che dal primo vagito l’ha amato con un amore immenso e forse ritrovare il filo del nostro cammino.

No Babbo Natale non ridere, dai, lo so posso sembrare pazza e idealista ma credo che ci sia ancora del buono in questa società, basta che ognuno di noi si impegni a vivere con coraggio i veri valori con onestà senza confonderli con cose che valori non sono? Amore, amicizia, bene, solidarietà, impegno, rispetto, onestà, verità, sorrisi, felicità…

Una speranza c’è parte da ognuno di noi.

….vorrei che fosse Natale tutti i giorni..

Buon Natale!

Alberta Bellussi

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Caro Veneto,

in questi giorni ti vedo soffrire e soffro anche io con te.

Pensare di vivere in Veneto mi ha sempre dato un enorme senso di protezione.

Mi ha sempre fatto sentire al sicuro.

Ho sempre pensato al Veneto come a un Paese forte, maschio, pieno di storia e bellezza che sa proteggere i suoi figli, che si prende cura di loro con amore e passione.

Ora ti vedo ferito nel tuo cuore che è la bellezza e la molteplicità del paesaggio: montagne, fiumi, laghi, città d’arte, mare…tutti feriti.

Ti vedo fragile e vulnerabile   piegato alla potenza della natura che non perdona.

Sei devastato in quello che è sempre stato ciò che ha affascinato il mondo: le Dolomiti, Venezia, il Piave…

Però sono certa che ti rialzerai presto e tornerai ad essere BELLISSIMO.

Perché tu sei tanto.

Sei di più.

Vivo in provincia di Treviso, in quel Veneto che da sempre è stato motore e traino della storia, della cultura e dell’arte ma soprattutto dell’economica del nostro paese.

Vivo nel Veneto dello splendore della Serenissima, di personaggi la cui genialità è conosciuta in tutto il mondo da Palladio a Canova, da Tiepolo a Tintoretto, da Tiziano a Canaletto, da Cima da Conegliano a Palma il Giovane.

Vivo nel Veneto di Venezia del cui splendore e valore non si trovano parole nel vocabolario per definirla; di Verona e della sua splendida Arena; di Vicenza e il Palladio;  di Rovigo e del suo legame con il Po; di Padova città del Santo ;  di Belluno e delle splendide Dolomiti; di Treviso piccola preziosa bomboniera tessuta dall’acqua .

Vivo nel Veneto del mare, dei monti, delle piccole e grandi città d’arte, dei borghi, dei paesi con i campanili, delle colline, dei laghi, dei fiumi e delle splendide campagne.

Vivo nel Veneto del fiume Piave, dove i nostri avi hanno conosciuto la miseria, la distruzione della guerra e la dolorosa invasione del nemico.

Vivo nel Veneto primo in Italia per la raccolta differenziata, per le energie rinnovabili, per l’innovazione.

Vivo nel Veneto del volontariato, delle Pro Loco, delle sagre e del piacere dello stare insieme.

Vivo nel Veneto delle grandi aziende vitivinicole e gastronomiche, dei prodotti agricoli, dell’asparago, del radicchio, delle ciliegie, del formaggio e molto molto ancora.

Vivo nel Veneto degli orti, delle galline sul cortile, del maiale e della mucca in stalla.

Vivo nel Veneto delle case ordinate, dei giardini curati, dei fiori sui davanzali.

Vivo nel Veneto dei mille dialetti, delle tradizioni secolari.

Vino nel Veneto delle osterie a gestione familiare.

Vivo nel Veneto dei grandi ospedali e delle eccellenze mediche.

Vivo nel Veneto dei grandi campioni dello sport.

Vivo nel Veneto delle grandi fabbriche manifatturiere, delle grandi eccellenze dell’artigianato e delle grandi industrie.

Vivo nel Veneto delle piccole imprese, delle aziende a conduzione familiare, del padre che lavora con il figlio e con i nipoti.

Vivo in un Veneto di gente che meno di 70 anni fa era nella miseria, che con dignità coraggio e rispetto si è rimboccata le maniche e si è data da fare.

Vivo nel Veneto della gente che si alzava all’alba e andava a letto a notte inoltrata con l’orgoglio di lavorare per un progetto, per un investimento sul quale aveva creduto ma soprattutto per quel futuro certo da lasciare ai figli.

Vivo nel Veneto del miracolo economico.

Vivo nel Veneto di brava gente, gente onesta, gente con i calli nelle mani e le rughe in viso.

PER QUESTI MOTIVI SONO SICURA CHE IL VENETO TORNERA’ PRESTO AD ESSERE MERAVIGLIOSO E SUPERERA’ QUESTO DISASTRO;

un Veneto di gente che si asciuga le lacrime dello smarrimento e trova subito una soluzione;

un Veneto di gente coraggiosa che non si lamenta;

un Veneto di gente che si alza le maniche e si dà da fare;

un Veneto di persone con grande cuore che aiutano il prossimo;

un Veneto che con coraggio difende quello che ci appartiene.

un Veneto che ha carattere, dignità, tradizione, cultura, storia, passione, amore.

È, ora, il momento per esprimere l’amore per la nostra terra, per confermare la nostra appartenenza, per aiutare quel Veneto ferito nel cuore a rialzarsi e a riavere un futuro sereno.

Con Amore.

Alberta Bellussi

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Acqua, Piave, Livenza, Monticano …. ansia…paura…. esondazioni, piena, acqua alta, torrenti, evacuare, stato di allerta, unità di crisi … parole che sentiamo incessantemente in questi giorni… immagini alle tv locali che colpiscono.

Un territorio quello italiano che rivela ogni giorno la sua fragilità e la sua vulnerabilità, che mette paesi e cittadini a dura prova.

Il Consiglio Nazionale dei Geologi afferma “L’Italia è un Paese MORFOLOGICAMENTE FRAGILE perché è GEOLOGICAMENTE GIOVANE. E la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti attraverso l’intensa attività sismica e vulcanica ed i continui e ricorrenti fenomeni erosivi (frane, alluvioni, valanghe, ecc.) che si verificano con tempi di ritorno sempre più brevi e anche dopo solo poche gocce d’acqua. Ma l’Italia è anche un Paese ANTROPICAMENTE malato. Anche in questo caso la dimostrazione è sotto gli occhi di tutti: urbanizzazione selvaggia; scellerato consumo del suolo; disboscamenti senza programmazione; quartieri costruiti negli alvei; disprezzo e violazione di ogni norma di pianificazione; rinvii di spese indispensabili; taglio progressivo dei fondi per il rischio idrogeologico”. Il passato e il presente tragico dovrebbero farci riflettere e farsì che la politica imbocchi delle scelte programmatiche che abbiano come priorità la salvaguardia dell’Italia e degli italiani. Il Veneto ha imboccato questa strada con i nuovi bacini di laminazione dopo le piene del 2010 che ora si sono dimostrati utilissimi; la programmazione di tenere vuoti i laghi alpini per le emergenze, le unità di crisi con esperti e volontari…servono risorse per poter programmare la salute del proprio territorio e l’Autonomia permetterebbe tutto ciò.

La natura è forte e impetuosa e non perdona.

Il Veneto è colpito al cuore nella sua bellezza, nel suo paesaggio.

Un Veneto forte ma vulnerabile.

Un Veneto di grande dignità oggi come allora che non si lamenta ma si alza le maniche e si da da fare per risolvere l’emergenza. Una sinergia di persone e mezzi che non si abbattono mai.

Vi ripropongo un pezzo che avevo scritto per ricordare l’alluvione del 1966… sperando che i mezzi di oggi e le capacità siano capaci di far si che la forza della natura non porti a tutte quelle perdite umane..

 

Mia nonna Maria, molte volte, mi ha raccontato, quella giornata del 4 novembre del 1966, con parole che rendevano tangibile, anche dopo anni, il senso di disperazione che l’alluvione le aveva portato. Lei, giovane donna vedova, aveva cresciuto la sua bambina facendo tutti i lavori che riusciva per rendere bella e confortevole la sua casetta di Negrisia.  Era il suo punto fermo dopo la sofferenza.

Pioveva da diversi giorni.

Il cielo rimase grigio-scuro per tutta la giornata, carico di nubi, basse e veloci spinte da Sud-Est, da un vento di scirocco tiepido ed impetuoso che soffiò facendo sì che la piena travolgente del Piave si scontrasse contro un’alta marea mai vista prima.  Le piogge persistenti del  2 e 3 novembre, precipitate sul Nordest, dalle Alpi al mare, ingrossarono i fiumi a livelli di sei-sette metri sopra il livello di guardia.

Fu così il Piave a Negrisia e a San Donà.

Si aggiunsero altre concause a rendere un evento meteorologico  eccezionale in un evento drammatico.

Gli impianti della Bonifica furono tutti attivati al sollevamento, i collettori delle acque alte, su cui si sarebbe dovuto pompare l’acqua dell’esondazione, erano già in piena per l’effetto delle straordinarie precipitazioni a monte.

Le torbide acque del Piave e del Livenza, già nelle prime ore del giorno 4, raggiunsero la pianura.

Infine, la violenta mareggiata e la conseguente piena eccezionale, impedirono ai due fiumi e ai canali emissari delle Bonifiche il deflusso a mare, determinando ritardi che aggravarono la pericolosità della situazione.

Il Piave continuava  a rimontare impetuoso e con un suono sordo e violento.  Era controllato in molti punti.

La paura della catastrofe si leggeva  nei volti pallidi delle persone e  nei loro sguardi smarriti e impotenti.

Quella notte fu lunga perché ci si apprestava a vegliare  avendo la certezza che qualcosa di drammatico sarebbe successo.

Gli altoparlanti dalle strade  gridavano ripetutamente agli abitanti di non dormire, di tenersi pronti all’evacuazione e di stare calmi in attesa di ordini.

I parroci suonano le campane nel modo più forte possibile per avvisare i paesani, per tenerli svegli .

La notte avanzava  e il livello delle acque continua a crescere raggiungendo i 7 metri e mezzo.

Alle 21,30 il Piave rompe a Negrisia sull’argine sinistro.

Ecco! Ciò che si aspettava con paura era arrivato. La piena travolgente del Piave si scatenò con una furia enorme.  La nonna e la mamma mi raccontarono che scapparono tutti ai piani superiori delle case lontane.

Nel loro ricordo,vivo il senso di miseria e freddo che lascia l’acqua che attraversa una casa e travolge tutto. L’umidità che penetra i muri e le ossa delle persone lasciando dolore nel corpo e nell’anima.

Nel frattempo uomini e militari cercavano di arginare con sacchi di sabbia l’impeto dell’acqua.

L’acqua proseguiva la sua furia e finirono sotto acqua centinaia di migliaia di ettari San Donà, Noventa di Piave e Cessalto compresi, si trasformano in un unico, immenso lago.

 

Nella campagne buie e annientate dalla furia dell’acqua si sentono urla  di persone, bambini, animali cani, maiali, mucche che erano insieme ai campi erano il sostentamento delle famiglie rurali venete.

Gli anziani non vogliono lasciare le loro case; faticano a staccarsi.

In questo grande lago che va da Negrisia a San Donà fino a Jesolo le persone e gli animali vengono portati in salvo con le barche.

Non c’è coordinamento! Ognuno si arrangia come meglio può. Arriva l’esercito ma non c’è coordinamento degli aiuti.

La lunga notte lascia lo spazio alle luci dell’alba che mostrano uno scenario tremendo: persone sopra le case, animali che hanno cercato di salvarsi come potevano, oggetti personali, piatti, vestiti, cornici con le foto dei racconti di una vita che galleggiano… tutto travolto dall’impeto dell’acqua.

Era il 1966 la tivù facevano vedere solo l’alluvione a Firenze.  Ma della zona del Piave e di Venezia non si parlava.

Arrivò in visita il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat. Visita i luoghi alluvionati, si commuove incontra gli sfollati ma  viene contestato e gli tirano addosso fango. La gente è arrabbiata, si sente abbandonata, lasciata sola. Saragat rimane bloccato e deve tornare indietro, con la macchina finalmente tutta infangata.

La conta dei danni è drammatica. Le perdite sono ingentissime nessuno pensava che la piena raggiungesse quelle misure. La catastrofe commuove tutti e arriveranno aiuti dall’Italia e dal mondo.

Lo Stato elargisce dei risarcimenti e quasi tutti ci hanno guadagnato. Sono pochi quelli che ci hanno rimesso veramente: sono soprattutto quelli che hanno avuto la casa sott’acqua per tanto tempo. Non c’è controllo si ottiene anche senza chiedere.

I tempi dopo l’alluvione saranno tempi duri per la campagna, le fattorie agricole e per il ritorno alla vita normale”.

Una tragedia che è rimasta impressa nei ricordi di chi l’ha vissuta e quando il Piave si carica d’acqua e si fa impetuoso ritorna la paura della piena.

Alberta Bellussi

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Caro Babbo Natale,

sono tantissimi  anni che ti mando la mia lettera. Credo che accada da quando ho imparato a tenere in mano un pastello. Nelle mie letterine di bimba sognatrice  ti raccontavo, emozionata,  i miei sogni, le mie senzazioni, le mie passioni come se volessi, anche io, regalare a te i miei preziosi segreti in cambio dei tuoi doni. Mi ricordo l’emozione che provavo nello stendere la mia missiva, che proteggevo con la mano, quasi per nasconderla da occhi indiscreti perché solo a te e al mio diario, chiuso dal lucchetto, io volevo raccontare i miei segreti.

Sono sempre stata una bambina molto allegra e dotata di una grandissima fantasia… Quanti Natali sono salita con te sulla slitta e Oh Oh Oh via per la notte stellata a portare un sorriso ai bimbi del mondo. Le renne le conoscevo tutte per nome…e anche la cometa che segnava la grotta.

Ma la cosa bella è che ho sempre continuato e   continuo a scriverti, anche ora che sono  “grande”, perché io ci credo davvero e non mi è neanche mai sfiorata l’idea di mettere in dubbio che Babbo Natale esiste.  La sera di Natale, quasi quasi,  sento nell’aria la melodia degli scampanellii che accompagna il tuo veloce viaggiare per il globo terracqueo ad esaudire le richieste di piccini e grandi di tutto il mondo.

E come si fa a non credere a un uomo così buono e rassicurante? Infatti io ci credo.

Le mie lettere si fanno ogni anno più impegnative perché i “doni” che ti chiedo non sono oggetti ma valori, sentimenti e cose belle per il mondo e per le persone a cui voglio bene.

E’ un momento storico nel  quale faticano, spesso, le parole  ad uscire per dire qualcosa perché i fatti quotidiani sono così eccessivi e estremi che la sola voce che riesce a uscire è il silenzio.

Natale e Fine Anno sono periodi di bilanci dell’anno trascorso e un po’ il punto della vita fino a questo momento. Mi viene un nodo alla gola e la tristezza mi prende per tutte quelle cose che vorrei, che mi mancano, che … che…che…  poi un colpo di spugna pulisce la mia malinconia e sorrido. Sono una persona fortunata per mille piccoli motivi e non solo, anche per qualcuno  più grande. In questi giorni particolari dove tutto è esagerato mi metto a pensare, a riflettere, a ripensare ai consigli, ai dialoghi, ai momenti no a quelli si… boh mi piace  mettermi in difficoltà,  mettermi alla prova per vedere a che punto del cammino della vita sono … strada da fare ce n’è sempre tanta e motivi per migliorare ancora di più.

I pensieri si mettono in fila come le carte di una mano  a Scala e aspettano di essere svelati.

E Caro Babbo Natale mi accade come la prima volta che andai a Lourdes che al bagno battesimale nel Gave, imbarazzata, infreddolita, spostavo il mio sguardo sempre più inumidito e emozionato a destra e a sinistra e  non riuscivo a chiedere nulla per me, volevo solo ringraziare; anche se ero andata lì arrabbiata e piena di dolore per la perdita di una persona a me cara, non sono riuscita a dire nient’altro che Grazie.

Anche ora, Caro Babbo Natale,  che ti scrivo penso a quei miei 2/3 piccoli desideri  che  timidamente provo a mettere nella lista prima delle altre cose importanti che le carte del mazzo spingono per far uscire.

Li ho posti, quasi furtivamente,  nei primi tre posti e poi al quarto  lascio la mano a una carta molto pesante che è quella di questa società … società che a volte mi trova emotivamente impreparata a vivere il suo cinismo.

Ho pensato di scriverti perché, in questo mondo popolato di tante cose tristi e negative, il Natale è  e rimane una festa magica.

Sì!

La gioia che esprime va oltre i drammi della vita. Anche la povertà, la miseria più estrema, a Natale, sembrano vivere l’illusione di un attimo di dignità.

Sembra che il mondo improvvisamente si accorga che tutte le persone hanno il diritto, anche se solo per un giorno,  di essere felici.

In questi giorni di sentimenti estremi che hanno il bisogno di essere espressi c’è una sorta di tregua delle cose brutte. Da sempre ci dicono a Natale bisogna essere tutti più buoni forse proprio perché è giusto che ci sia per tutti un time-out dalle difficoltà, dalle amarezze, dalle tristezze.

Il Natale è quella bacchetta magica che, per qualche giorno, scuote le coscienze, riaccende i cuori, rimette in gioco la speranza, è il momento della bontà. E’ anche una sorta di bilancio personale dell’anno trascorso che diventa  l’occasione di dire grazie a chi vuoi bene con un piccolo pensiero o gesto.

In questo mese dove le piazze, le vie, le case, i balconi, i cespugli, gli alberi si vestono di luci con l’abito migliore di tutto l’anno, tutto ci  porta a riflettere sui valori, sui sentimenti.

Forse davanti a certi fatti di cronaca ci sorge spesso la domanda ma valori e sentimenti esistono ancora in questa società distratta, veloce ?

Io spero e credo che  siano ancora la benzina che muove le azioni e le scelte della società e non solo parole usate per darsi un tono, per essere a la page.

Eppure se apriamo  un giornale, se ascoltiamo  il TG non sempre sembra che siano i valori buoni a trionfare in questa società.

Anche  questo non sarà un Natale facile credo  e avrai davvero tanto tanto da fare.

Sarà, di nuovo un Natale, di gente che non sorride, di persone arrabbiate, di povertà diffusa, di truffe,  di una politica che si è dimenticata della gente. Un mondo di gente in corsa che vuole possedere e quando non ha più tempo capisce come le cose belle sono piccole, fragili alla vista insignificanti ma con un potere immenso.

Vorrei chiedervi tante tante cose per questo mondo: ritrovare l’armonia di vivere, l’equilibrio perduto, il rispetto di persone e ambiente, il tempo di dare e di amare, lasciare il tempo a chi è caduto per qualche motivo di rialzarsi senza bollarlo, sarebbe bello che  i valori sociali e la solidarietà tornassero ad essere valori, sarebbe  bello potersi abbracciare con il calore dei sentimenti, sarebbe bello vivere di verità e dell’amore che ci rende migliori.

Lo so, Babbo Natale ti chiedo davvero tanto, troppo che forse nemmeno una bacchetta magica delle più potenti uscite dalla scuola di Hogwarts potrebbe regalarmi.

Io ci provo, non si sa mai, magari accade quella magia che ti ho chiesto e questo mondo, che si è perso e che sta  vivendo momenti non facili si ritrova.

Il Natale risveglia il desiderio di serenità. Ci fa apprezzare la bellezza di quel bambino nato al freddo in una mangiatoia, di  quella meravigliosa mamma che dal primo vagito l’ha amato con un amore immenso e forse ritrovare il filo del nostro cammino.

 

Lo so, Babbo Natale, te la starai  ridendo a crepapelle, insieme a molti di voi che state leggendo la mia lettera perché è la lettera di una folle idealista che crede che i valori e i sentimenti abbiano un grande potere e che li vive al massimo, ancora meglio che crede nelle persone che hanno il coraggio di mettersi in gioco, di cambiare e di lottare se ne vale la pena ma sopratutto credo con convinzione che l’amore vince su tutto.

Che dici si può fare caro Babbo Natale?

 

Alberta Bellussi

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Avio De Lorenzo: il tronco è già statua

Una delle frasi più famose di Michelangelo recita:  “Ogni blocco di pietra ha una statua dentro di sé ed è compito dello scultore scoprirla”.

Trascorrendo qualche ora con lo scultore del legno Avio De Lorenzo di Costalta di Cadore, nel Simposio di Cordignano, ho avvertito dalle sue parole appassionate e partecipate che  quando parla del legno che plasma ne parla come di una materia  viva dotata di un carattere,  un profumo, un colore ma soprattutto della possibilità latente che porta con sè;  ha già una forma che prende vita da un’idea. Il tronco nel pensiero creativo dell’artista è già statua.

Nella mia mente, il lavoro di uno scultore mi è sempre sembrato estremamente affascinante e parlando con lo scultore Avio De Lorenzo ne ho avuto la riconferma.

Se ci pensate per un momento: da un pezzo grezzo unico, in questo caso un tronco, poco a poco, comincia ad apparire una “forma”, quel tronco che aveva una sua vita nell’albero viene   ad avere un  nuovo “significato”. Forma e significato rappresenteranno la materializzazione di un’idea che si trovava nella mente dello scultore.

Se ci pensate la statua si trova già dentro il tronco;  l’atto creativo sta nell’eliminare tutto ciò che di superfluo   impedisce alla statua di venire alla luce e di manifestarsi. Lo scultore con il suo agire  di sega, sgorbie e scalpelli “libera” la statua che è dentro quel tronco di legno o blocco di pietra. Lo scultore dà vita.

“ Ogni tipo di  legno ha una sua durezza e una sua plasmabilità- afferma Avio” ed è proprio quella che permette all’idea dell’artista di essere liberata. Il legno ha una sua vita nuova oltre l’albero ma ne conserva il profumo del bosco.

I soggetti “liberati” da Avio de Lorenzo sono molto spesso soggetti sacri ma ci sono anche  molte figure di  donne realizzate con linee morbide e volti protesi verso l’alto che richiamano l’ideale di bellezza classica.  La sinuosità con cui plasma le sue statue e le linee armoniose, mai spezzate o violente, fanno sì che  le creazioni  di De Lorenzo diffondano dolcezza e serenità.

Nelle sue ultime produzioni l’artista esprime nell’arte la contrapposizione tra le forme naturali del materiale e la geometria astratta del suo pensiero abbandonando la linea realista per entrare in una dimensione più astratta quasi onirica.

Avio De Lorenzo  vive e lavora a Costalta di Cadore (BL), un paese magico abbarbicato sulle Dolomiti Orientali il cui senso di appartenenza è molto forte nell’artista, sottolinea spesso le sue origini cadorine.

Da parecchi anni lo scultore partecipa a Simposi di sculture su legno ma anche su neve e ghiaccio; espone in mostre personali e collettive. Le sue opere sono presenti in diverse città dell’ America del Nord.

Mauro Corona dice spesso “Vivere è come scolpire, occorre togliere, tirare via il di più, per vedere dentro ”.

Scolpire è come una metafora della vita; abbiamo un grande tronco e siamo noi a plasmare la statua della nostra vita; siamo gli scultori della nostra esistenza come Avio De Lorenzo lo è della materia a cui da vita.

Alberta Bellussi

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Cosa è successo al mio Veneto?

Qualche anno fa scrissi questa lettera che molti giornali pubblicarono. Ora più che mai sento il desiderio di riproporla.  E’ una lettera che esprime l’amore grande che sento per il Veneto ma che rende tangibile  il senso di smarrimento che provo a vedere come, da qualche anno, stia soffrendo davvero molto.

Mi piacerebbe condividere con voi queste mie riflessioni.

Vivo in provincia di Treviso, in quel Veneto che da sempre è stato motore e traino della storia, della cultura e dell’arte ma soprattutto dell’economica del nostro paese.

Vivo nel Veneto dello splendore della Serenissima, di personaggi la cui genialità è conosciuta in tutto il mondo da Palladio a Canova, da Tiepolo a Tintoretto, da Tiziano a Canaletto, da Cima da Conegliano a Palma il Giovane.

Vivo nel Veneto di Venezia del cui splendore e valore non si trovano parole nel vocabolario per definirla; di Verona e della sua splendida Arena; di Vicenza e il Palladio;  di Rovigo e del suo legame con il Po; di Padova città del Santo ;  di Belluno e delle splendide Dolomiti; di Treviso piccola preziosa bomboniera tessuta dall’acqua .

Vivo nel Veneto del mare, dei monti, delle piccole e grandi città d’arte, dei borghi, dei paesi con i campanili, delle colline, dei laghi, dei fiumi e delle splendide campagne.

Vivo nel Veneto del fiume Piave  dove i nostri avi hanno conosciuto  la miseria, la distruzione della guerra e la dolorosa invasione del nemico.

Vivo nel Veneto primo in Italia per la raccolta differenziata, per le energie rinnovabili, per l’innovazione.

Vivo nel Veneto del volontariato, delle Pro Loco, delle sagre e del piacere dello stare insieme.

Vivo nel Veneto delle grandi aziende vitivinicole e gastronomiche, dei prodotti agricoli, dell’asparago, del radicchio, delle ciliegie, del formaggio e molto molto ancora.

Vivo nel Veneto degli orti, delle galline sul cortile, del maiale e della mucca in stalla.

Vivo nel Veneto delle case ordinate, dei giardini curati, dei fiori sui davanzali.

Vivo nel Veneto dei mille dialetti, delle tradizioni secolari.

Vino nel Veneto delle osterie a gestione familiare.

Vivo nel Veneto dei grandi ospedali e delle eccellenze mediche.

Vivo nel Veneto dei grandi campioni dello sport.

Vivo nel Veneto delle grandi fabbriche manifatturiere, delle grandi eccellenze dell’artigianato e delle grandi industrie.

Vivo nel Veneto delle piccole imprese, delle aziende a conduzione familiare, del padre che lavora con il figlio e con i nipoti.

Vivo in un Veneto di gente che meno di 70 anni fa era nella miseria, che con dignità coraggio e rispetto si è rimboccata le maniche e si è data da fare .

Vivo nel Veneto della gente che si alzava all’alba e andava a letto a notte inoltrata con l’orgoglio di lavorare per un progetto, per un investimento sul quale  aveva creduto ma soprattutto per quel futuro certo da lasciare ai figli.

Vivo nel Veneto del miracolo economico.

Vivo nel Veneto di brava gente, gente onesta, gente con i calli nelle mani e le rughe in viso.

Ora vivo in un Veneto di gente che si uccide perché ha visto fallire i sogni di una vita ai quali ha dato tempo, energia, amore e passione.

Ora vivo in un Veneto di imprenditori con gli occhi lucidi e con il magone in gola per tirare avanti ogni mese l’attività soffocato da leggi, carte, norme, mancanza di liquidità, banche senza nessuna prospettiva di uscire dall’angoscia.

Ora vivo in un Veneto di gente triste.

Ora vivo in un Veneto di fabbriche che chiudono e capannoni vuoti.

Ora vivo in un Veneto di gente matura abituata da sempre ad avere un lavoro che con una dignità senza eguali va a pulire le strade del Comune come lavoratore in mobilità.

Ora vivo in un Veneto di gente che con grande fatica va a chiedere aiuto e sussidi alle istituzioni.

Ora vivo in un Veneto pieno di vendesi e affittasi e di cerco lavoro.

Ora vivo in un Veneto comprato dagli stranieri e dalle multinazionali.

Ora vivo in un Veneto di gente senza entusiasmo che non si mette più in gioco ma che spesso si lamenta e basta.

Non è questo il Veneto che voglio lasciare a mio figlio; i giovani hanno diritto a vivere una vita che permetta loro di avere dei sogni, delle prospettive e delle aspettative.

Non possiamo noi essere complici di aver ucciso il futuro dei nostri figli, di aver reso quella regione meravigliosa che è il Veneto un luogo di gente con gli occhi lucidi e con l’angoscia dell’incertezza di ciò che accadrà domani.

Spesso sono ancora una volta gli anziani che proprio perché hanno conosciuto le difficoltà raccolgono tutte le forze che hanno e diventano i difensori dei sogni dei nipoti.

Ma sono sogni possibili?

Proviamoci con coraggio a difendere quello che ci appartiene.

Il Veneto ha carattere, dignità, tradizione, cultura, storia, passione, amore.

È il nostro momento per esprimere l’amore per la nostra terra, per confermare la nostra autenticità e appartenenza, per proteggere il Veneto e provare ad  aprire le porte alle nuove generazioni verso il futuro.

E’ l’ora di accantonare le parole e passare ai fatti.

Alberta Bellussi