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Chipilo:  il Veneto  in Messico

Sfogliavo il giornale,  il giorno dopo il terribile terremoto che ha colpito il Messico e provavo sofferenza a vedere quelle immagini e a leggere di quel disastro. In Messico ci andai molti anni fa perché argomento della  mia tesi di laurea  e fu  subito amore per quella terra, per quella cultura, per quella gente.

Tra i vari trafiletti del giornale mi ha colpito  la storia del paese di Chipilo, in Messico  e devo dire mi sono emozionata. Davvero non lo sapevo che in Messico un paesino parla veneto. Il terremoto non ha perdonato nemmeno questo luogo e spero trovino la forza di rialzarsi… ma volevo parlare di loro… di quei Veneti che nel mondo ci sono andati, si sono alzati le maniche e dati da fare nei paesi lontani che hanno dato loro ospitalità.

La storia di Chipilo, a me curiosa del mondo, è apparsa subito una storia affascinante quasi incredibile. Sospesa tra leggenda e realtà.

Chipilo è un piccolo paese di cinquemila  abitanti in Messico. L’America Latina fu meta di molti emigranti trevigiani a fine ottocento. Alla fine dell’Ottocento, per esempio, il Messico concedeva agli immigrati ampi territori da colonizzare. Si andava in Mèrica che era  la terra promessa. Lo Stato Messicano dava a chi s’impegnava a coltivare i  terreni, tra i più impervi e inospitali, attrezzi agricoli e bestiame.

Era circa il 1880 quando ci fu una grande inondazione del Piave; nel  paese di Segusino, in provincia di Treviso, l’alluvione aveva reso i campi incolti e portato molta carestia.  In quegli anni di miseria e povertà una  cinquantina di  famiglie da Segusino  decisero di emigrare in Messico. Nello  stato di Puebla fondarono la colonia di Chipilo.

I primi coloni trevigiani  erano allevatori e si diedero all’industria casearia. Hanno introdotto il formaggio e la “panna Chipilo” che è una marca conosciuta in tutto il paese e usata per i tacos, le enchiladas e i burritos della cucina messicana.

La cosa affascinante è che oggi, dopo 130 anni dal primo insediamento, nella comunità di Chipilo a causa di un particolare fenomeno d’isolamento dal resto del paese, ancora vi sono tradizioni venete e si parla dialetto veneto. Perduta nel centro del Messico e incastrata nella terra azteca, questa Comunità non parla  né castigliano né nàhuatl, lingua atzeca; parla, invece,  il dialetto del nord-est dell’Italia, cioè il veneto ma non quello che parliamo noi bensì quello dei nostri avi. E’ la stessa  lingua che si erano portati in “valigia” quando erano partiti dall’Italia a cercar fortuna. Mentre il nostro dialetto si   è evoluto, la lingua di Chipilo è rimasta attaccata alle vecchie radici. Infatti quando i suoi abitanti si congedano non dicono arrivederci ma dicono ‘se vedon’.

I chipileños non sono veneti solo nella lingua. Molti di loro sono biondi e con gli occhi chiari in una terra ibrida, tutti mangiano polenta e giocano a bocce. C’è un una collinetta nel loro paesaggio che  chiamano  Monte Grappa, in onore ai caduti italiani nella prima guerra mondiale.

Chipilo appare una realtà particolare  quasi una riserva di veneti in terra messicana;  un rapporto non sempre facilissimo quello tra i veneti e gli indios  perché i veneti locali accusano gli indios d’essere troppo pigri. E’ nel DNA dei Veneti quello di essere operosi e lavoratori e tutti loro affermano di aver insegnato agli indios come si lavora.

Qui i cognomi sono ancora veneti Calzature “Bortolotti”, latteria “Stefanoni”, alimentari “Minutti”: i nomi sono sempre quelli delle 50 famiglie venute qui nel 1882 con qualche straccio e molte speranze.

L’interesse per l’Italia si è un po’ spento anche se  nel 1982, nel centenario dell’emigrazione, i due paesi, quello di origine: Segusino e quello di arrivo: Chipilo, si sono gemellati. E’ allora che è cominciata a emergere questa anomalia linguistica, di messicani che parlano dialetto veneto e hanno mantenuto le secolari tradizioni del loro paese di origine. Il comune di Segusino ha recentemente organizzato anche dei centri estivi per bambini di Chipilo, sponsorizzati da Trevigiani nel mondo. La scrittrice Francesca Cazzaniga che ha sposato un messicano, ha deciso  di scrivere la storia di quella gente, che a fine Ottocento abbandonò tutto per l’avventura e che ora si ritrova in Messico a parlare e a sognare in veneto.

E’ un piccolo racconto, quasi romanzesco, di uno spaccato di quel  popolo veneto che ovunque è andato nel mondo ha lasciato la sua impronta positiva.

Alberta Bellussi