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“Per un punto Martin perse la capa”….le nostre carte trevigiane


Per un punto Martin perse la capa”! ma sì è scritto nell’asso di coppe delle carte trevigiane e scommetto che, come me, sapete anche voi le frasi degli altri tre assi.

È vero che provengo da una famiglia dove giocare a carte è, sicuramente, depositato in una catena del nostro DNA, lo devi proprio saper fare insomma. Appena hai le manine capaci di tenere  le carte, qualcuno, ti insegna a giocare e ti dice: i ori se i porta sempre a casa e anca i sette. Asso piglia tutto co no te sa cossa far. Se te si primo de man interza le carte “, sono frasi che rimandano alla Scopa, gioco prediletto, che nella testa di noi, di famiglia, appena ci sediamo a giocare si presentano, ad una ad una, per facilitarci la partita; sono trucchi.

E poi avete presente che differenza c’è tra un mazzo di carte nuovo che scivola, che non ha profumo e manca di personalità e un mazzo di carte vecchio, ingiallito, una carta bianca, una gialla,  che ha quel odore particolare, intenso di vita vissuta?

A parte questo preludio personale e appassionato, sono convinta che i giochi con le carte trevigiane appartengano un po’ a tutti noi veneti, ai  trevigiani sicuramente.

Scopa, Tresette, Briscola, Bestia, Vecia dai almeno una volta, ci abbiamo giocato tutti nei momenti di relax, nelle cene di Natale, nei tavoli in giardino col tepore dell’estate, sono giochi che creano aggregazione, che divertono… poi che la tradizione veneta più diffusa e radicata, da sempre, sia quella di batter il fante nelle osterie non v’è alcun dubbio.

Le Trevigiane si sono diffuse in tutta la penisola grazie soprattutto alla ditta Dal Negro di Treviso, attiva nella produzione sin dal 1756, e, che nel corso dei decenni, ha sviluppato una gamma completa di carte da gioco che comprende anche mazzi personalizzati per giocare a Black Jack, Poker, Bridge.

Le carte Trevisane, diffuse in tutto il Veneto e non solo, sono a seme italiano. Un mazzo tradizionale conta 40 carte, ma ne esistono anche da 54 con l’aggiunta dell’8, del 9 e del 10 (ovviamente uno per seme) e di due matte. Il valore numerico di ogni carta è segnato in alto a sinistra e, capovolto, in basso a destra.

Su ciascun asso sono riportati dei motti che ricordano i rischi del gioco d’azzardo:

sull’asso di coppe “Per un punto Martin perse la capa”;

sull’asso di bastoni “Se ti perdi tuo danno”;

sull’asso di spade “Non ti fidar di me se il cuor ti manca”;

sull’asso di denari “Non val sapere a chi ha fortuna contra”.

Il fante di spade è chiamato comunemente “vecia”  e i denari sono chiamati amichevolmente “ori”,  il sette e il dieci assumono, come anche in altre regioni, l’appellativo “belo”.

  Sono le carte più lunghe d’Italia, insieme alle bolognesi: misurano infatti 49×104 mm.

In tutte le osterie venete se chiedete un mazzo di carte trevigiane lo trovate perché l’osteria è il luogo di ritrovo per gli appassionati non solo dello Spritz ma anche di una partita a Briscola o a Scopa con gli amici spesso colorita da espressioni più folkloristiche non sempre raffinate ma spesso divertenti.

La Briscola è un gioco di origine olandese portato in Italia dai francesi. Sono sufficienti dalle due alle sei persone per fare una partita. I giocatori più esperti conoscono tutti i segni e riescono a tenere a mente le carte già uscite.

La nascita della scopa e dello scopone, malgrado i tanti sforzi di appassionati e studiosi, è ancora avvolta nel mistero anche se la si trova dal 1700.

In Veneto sono diffusi anche molti giochi con le carte a semi francesi, primo tra tutti la Scala Quaranta, che si è diffusa dopo la prima guerra mondiale e ha preso il posto del Ramino.

Buona partita a tutti…

Alberta Bellussi

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