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Mamelucchi…mammalucchi…mamauco!


Fin da prima del mille le navi veneziane solcavano il Mediterraneo verso l’Egitto. La stessa leggenda della traslazione delle reliquie dell’evangelista Marco da Alessandria d’Egitto ad opera di Bono da Malamocco e Rustico da Torcello testimoniano l’esistenza di un consolidato itinerario marittimo che collegava Venezia ad Alessandria. Le relazioni diplomatiche e commerciali continuarono per secoli, a testimonianza ci sono dei documenti, datati 1200, che testimoniano gli accordi di pace stretti tra i due stati. I traffici con l’Egitto erano di capitale importanza per Venezia come detto espressamente da Innocenzo III quando, nel 1198, permise di continuare il commercio nonostante fossero in corso i preparativi per la crociata. Olio, vino, miele, frutta, ambra, stoffe, pellicce, vetri e manufatti in legno erano alcuni dei prodotti che i Veneziani, portarono in Egitto, insieme ai famosi ducati che in certi momenti avevano più potere dell’oro. Mentre i Veneziani erano soliti comprare zucchero e datteri, spezie, tessuti.

Ma chi erano i Mamelucchi?

I Mamelucchi erano degli schiavi al servizio dei diversi califfi, impiegati nell’amministrazione e nell’esercito. Essi formavano una vera e propria casta che doveva rispettare un iter ben preciso per poter passare dallo stato di schiavi a quello di cittadini liberi. Per circa due secoli, XIII- XVI sec., i Mamelucchi guidarono l’Egitto e si succedettero a numerosi sovrani. Anche se spesso, si creavano lotte interne e sanguinose ribellioni per la conquista del potere, i Mamelucchi garantirono un periodo di prosperità all’Egitto, favorendo il commercio sul Mediterraneo e con Venezia.

( A proposito di Egitto una piccola curiosità che riguarda le origini della mia famiglia molti secoli sono trascorsi (XVI sec) da quando, come narra una leggenda, una ricca signora venuta da Alessandria d’Egitto, carica d’oro, con cammelli,  largo seguito e con i figli si fermò a Tezze di Vazzola e con la sua progenie diede inizio alla stirpe dei Bellussi).

I MAMMALUCCHI DI CARNEVALE:

I mammalucchi sono, invece, delle frittelle inventate nel 1970, e che in poco tempo sono diventate molto famose a Venezia, in particolar modo durante il periodo del Carnevale.  Questi dolcetti fritti (con crema, uvetta e scorza d’arancia) sono una vera specialità, seppur la storia dietro alla loro nascita sia un po’ meno “romanzata” di quello che si crede. Parola del creatore dei mammalucchi, Sergio Lotto, il quale recentemente ha dichiarato come le sue frittelle non siano nate per errore, tutt’altro. Il pasticcere ha puntualizzato come i suoi mammalucchi siano nati negli anni 70 nella pasticceria Bonifacio, poi la ricetta è stata lasciata anche ai “concorrenti” della Targa. Entrambi continuano a farli. Niente errori insomma, nemmeno l’esclamazione “Che mammalucco che sono stato”, epiteto che Lotto si sarebbe affibbiato per la svista. Il resto è storia: corresse ad occhio le dosi e invece di cuocerlo al forno, come inizialmente previsto, ci aggiunse della crema e finì per friggerlo. Inutile chiedere la ricetta dei mammaluchi non viene diffusa: si sa che gli ingredienti sono farina, zucchero, uova, burro, uva passa e cubetti di arancio e che ad arricchire l’impasto c’è una morbida crema aromatizzata all’arancia.

Il risultato è una preparazione che richiama più alla tradizione araba dei dolci di strada che a quella delle tonde frittelle: la forma infatti è a cilindro, cui la frittura conferisce una doratura perfetta e una croccantezza che non arriva all’interno ma si limita a rendere fragrante la superficie.

Ti xe un mamauco :  si intende una persona stupidotta, sciocca, anche se allo stesso modo a essere definito così è l’impasto un po’ “strambo”, Sergio Lotto l’ha descritto così,  alla base delle frittelle (farina, zucchero, farina burro uvetta e scorza d’arancia).  Non c’è una spiegazione semantica, che rimanda ai soldati delle milizie turche egiziane,  ma fonica; “mammalucco” è una parola il cui suono, nella nostra lingua, già da sé dipinge lo sciocco. La terminazione in “ucco” è propria di diversi spregiativi derisori. I linguisti, in questi casi, parlano di “simbolismo fonetico”: una parola disegna il suo significato col suo suono. Questo fatto ci invita a differenziare il modo di scrivere questa parola a seconda del senso: il mamelucco indicherà più facilmente il nome della milizia, il mammalucco, quello dello sciocco.

Alberta Bellussi

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