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La Serenissima e i boschi


Dei boschi della Serenissima ho sempre sentito parlare.

Nella sua lunga e secolare storia la Repubblica di Venezia ha sempre considerato con grande attenzione e lungimiranza i problemi ambientali perché preservare la laguna voleva dire proteggere la città.  Città e ambiente sono stati, sempre, strettamente legati: acque e boschi erano gli elementi fondamentali del rapporto fra natura e uomo, finalizzato ad un intelligente sfruttamento delle risorse, che mirava alla conservazione del patrimonio ambientale sia della laguna che dell’entroterra.

I boschi delle colline e delle zone montane, erano per Venezia, fonte di prezioso legname, materia prima per la costruzione di edifici e di navi, nel famoso Arsenale. Il legname era per l’economia della Repubblica di Venezia una risorsa di primaria importanza; dai tronchi dei roveri, dei faggi, degli abeti si ricavava, infatti, la materia prima per costruire le navi, che permettevano ai mercanti veneziani di arricchire se stessi e la propria Repubblica mediante i commerci con l’Oriente.

Milioni di alberi, inoltre, furono utilizzati dai Veneziani per fondare la città, edificata su fondazioni di palafitte, e per costruire gli argini a difesa dalle onde del mare aperto.

Grande attenzione fu quindi riservata dal governo della Serenissima alla cura dei boschi delle zone dell’entroterra. II Bosco del Cansiglio ne è un esempio che si può ancora vedere ai giorni nostri; nei secoli è stato sottoposto ad uno sfruttamento equilibrato pur consentendo di ricavare il prezioso legname.

Nella foresta del Cansiglio, appunto, si coltivavano i faggi, che servivano per fare soprattutto i remi delle galee.

Nelle vallate del Cadore, del Comelico, dell’Ampezzano e dell’Agordino, le piante abbattute erano soprattutto abete bianco, abete rosso e larice.  Il bosco degli alberi di S. Marco, che si trovava in località Somadida (Auronzo di Cadore) In quel punto la vallata era protetta dai venti dai Cadini di Misurina e dalle Marmarole, sopra il bosco, a sud, vegliava una montagna detta il Corno del doge, per la sua cima molto simile al copricapo del doge. Qui il sole penetrava poco all’interno della vallata e il clima era, per quasi tutto l’anno, molto rigido per cui le piante crescevano molto lentamente alte e diritte. Erano le piante ideali per realizzare le alberature delle galee, delle cocche da carico e dei galeoni da battaglia della Serenissima.

Il bosco dei remi di S. Marco era localizzato nell’attuale altopiano che sovrasta in Alpago il lago di S. Croce.

Il bosco dei roveri del Montello, vasta collina morenica alla destra del Piave, all’inizio della pianura veneta era un’area dove si coltivavano le querce. Divisa in settori, con un guardiano per ogni settore, era fatto divieto assoluto di entrare nel bosco e pene severissime erano comminate a chi trasgrediva. Il Montello era il bosco protetto dei roveri, (querce) queste erano utilizzata per le parti portanti della nave, le ordinate e la chiglia.

I boschi erano quindi di vitale importanza per la città di Venezia sia per l’equilibrio ambientale che economico.

Il fatto che la tutela dei boschi servisse per evitare il dissesto idrogeologico e l’interramento della laguna era ben chiaro, già, nel 1400. Infatti il segretario del Senato veneziano scriveva nel 1476: «Il diboscamento è causa manifestissima dell’interramento di questa nostra laguna, non avendo le piogge e altre inondazioni alcun ritegno né ostacolo, come avevano dai boschi, a confluire nelle lagune». Così veniva giustificata l’esigenza dei primi provvedimenti legislativi a tutela dei boschi.

La tutela della foresta permetteva anche una migliore difesa del territorio e della laguna stessa. Era ben chiaro, fin da quei tempi, lo stretto rapporto che lega il diboscamento, ed il conseguente dissesto idrogeologico delle zone montane, ai guasti causati dalle inondazioni a valle, fino al pericolo dell’interramento della laguna.

Per la Serenissima era quindi importantissimo tutelare i boschi ci sono alcune testimonianze scritte dai magistrati veneziani dopo le periodiche ispezioni alle foreste.

Così si esprimeva Alvise Mocenigo, podestà di Belluno, dopo un’ispezione al Bosco del Cansiglio nel 1608: «Ho veduto i boschi che ha la Serenità vostra in Alpago – Cansiglio e siccome devono esserle carissimi a guisa di prezioso tesoro, poiché essendo copiosissimi di faggi, avendone la debita cura, suppliranno per sempre abbondantissimamente al bisogno che possa avere di remi per galee la più grossa e potente armata che in qualsivoglia tempo si decidesse di mandar fuori».

Da queste testimonianze si evince l’importanza che la tutela dei boschi ebbe per Venezia e si capisce il motivo della legislazione contro l’abbattimento senza criteri di alberi, emanata dal Senato e dal Consiglio dei Dieci per garantire la conservazione di una così importante risorsa naturale. Concludiamo con le parole di uno di questi divieti, emesso dal doge il 20 febbraio 1687: «Si fa pubblicamente intendere a cadauna sorte di persone, così uomo come donna, fanciulli e fanciulle, nessuno escluso, che non si debbono in alcuna maniera scorzar (togliere la corteccia), tagliar o in altro modo danneggiare i roveri tagliati per l’Arsenal nostro».

Alberta Bellussi

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