Durante le mie serate di presentazione del libro “Mi son Veneta” sono uscite molte curiosità, scambi di ricordi e di sfumature di tradizione. Molte persone mi chiedono di fare delle ricerche per soddisfare le loro curiosità e un signore a Castello di Godego mi ha chiesto se avevo mai sentito parlare del “risotto alla sbiraglia”. Immediatamente mi si è aperto un cassettino della memoria e ho ricordato quella pentola piena di riso con il pollo in umido che mia nonna faceva quando aveva appena ucciso il pollame del cortile. In questo scorcio di ricordi del passato ho sentito anche il profumo di quella pentola di ferro sopra la stufa per cucinare il pollo in umido bello unto.
Se questo signore non me lo ricordava ne avevo anche già perso la memoria. Appartiene, questa ricetta, a uno di quei piatti che non si fanno più nemmeno nei ristoranti tipici perché la materia prima è difficile da reperire o perché il gusto del cliente finale è cambiato e quindi al ristorante preferisce concentrarsi su altro.
Il risotto alla sbirraglia era una ricetta popolare diffusa sia in Veneto che in Trentino, grazie a materie prime facili da reperire e a una preparazione abbastanza immediata.
Il nome del piatto lo si fa risalire, dice la trazione orale, agli sbirri austriaci che negli anni del Regno Lombardo-Veneto e anche nelle guerre, durante le notti di sorveglianza, rubavano i polli nelle varie fattorie che incontravano per strada.
Il nome deriva dalla parola “sbirri” così come erano definiti i soldati austriaci durante l’occupazione austroungarica delle nostre campagne tra il 1917 e il 1918.
Mia nonna mi diceva che le raccontavano che durante la 1° Guerra Mondiale, i soldati austriaci invadevano le case, requisendo i polli dei cortili. Inoltre gli ufficiali austriaci pretendevano ospitalità da parte delle famiglie di contadini.
E le donne preparavano loro il pollo in umido. E per rendere più sostanzioso il piatto ci aggiungevano del riso per preparare un risotto con il sugo del pollo in umido stesso. Servivano poi ogni porzione di risotto con un pezzo del pollo in umido. Da quel momento i contadini, supponendo che il risotto preparato con il pollo avrebbe certamente incontrato il favore di quella categoria non proprio ben vista, vi dedicarono il nome “allo sbiraglia”.
Questo piatto è poi entrato nella tradizione delle nostre campagne; anche dopo il secondo conflitto mondiale veniva portato come piatto unico ai contadini sui campi durante la vendemmia, come pasto di mezzodì.
INGREDIENTI:
pollo
riso
burro
cipolle
carote
sedano
olio d’oliva
vino bianco
parmigiano grattugiato
sale e pepe
PROCEDIMENTO:
Pulire il pollo e tagliarlo in ottavi. Con le carcasse preparare un fondo bianco comune.
Tritare finemente cipolla, carota e sedano e metterli a soffriggere in una casseruola con l’olio. Aggiungere il pollo tagliato a pezzi, farlo ben rosolare e sfumare con il vino.
Dopo qualche minuto aggiungere del brodo di pollo (facoltativo qualche pomodoro pelato o concentrato di pomodoro). Coprire e cuocere dolcemente. Terminata la cottura togliere i pezzi di pollo, lasciarli raffreddare e tagliarli poi a pezzi più piccoli è preferibile disossarli. Nel sugo di cottura del pollo versare il riso, farlo insaporire bene e versare un po’ alla volta il brodo. A circa 3/4 della cottura aggiungere i pezzi di pollo.
In ultimo, dopo aver salato e pepato quanto basta, completare con una spolverata di parmigiano. Il risotto alla sbirraglia non è un risotto fatto nel modo tradizionale, perché manca la tostatura iniziale del riso.
Servirlo con parmigiano a parte.
Alberta Bellussi
- 9 January 2020
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